24. Le grotte della bassa Valle dell'Aquila

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CARTINA CONSIGLIATA

FRATERNALI 1:25.000 - foglio 20

CATEGORIA/ZONA

ESCURSIONISMO - SU E GIU' PER LA RIVIERA LIGURE

SCHEDA N. 24

 

FOTO NOTEVOLI

FOTOPERCORSO

LA BASTIONATA SUD DI BRIC SCIMARCO, CON GLI EVIDENTI “ANTRI ROSSI” E IL COLLETTO DI SANT’ANTONINO A DESTRA, DALLE CASE VALLE

COLATE CALCAREE PRESSO L’INGRESSO DELLA GROTTA DELL’ACQUA

STALATTITI ATTIVE NELLA PARTE INTERNA DELLA GROTTA DEL MORTO

PIPISTRELLO NELLA ZONA PIÙ PROFONDA DELLA GROTTA DEL MORTO

PICCOLE STALATTITI ATTIVE NELL’ANTRO DELLA GROTTA SUPERIORE DEL SANGUINETO

TRAMONTO SULLA SPETTACOLARE PARETE OCCIDENTALE DEL BRIC PIANARELLA

 

INTRODUZIONE

Nell'immediato entroterra di Finale Ligure, e precisamente nei pressi dell'antico nucleo di Finalborgo, due caratteristici avvallamenti sfociano nella breve pianura costiera dove si è sviluppato l’abitato in epoca moderna. Sono la Valle Pora e la Valle dell’Aquila, facenti capo rispettivamente all’importante Colle del Melogno (sovrastante Calice Ligure) e alla Colla di San Giacomo (sovrastante Feglino). Tra questi due marcati solchi si insinua la meno accentuata Valle Urta (o Valletta di Montesordo), compresa fra i complessi rocciosi della Rocca di Perti (a Ovest) e della Rocca Carpanèa (a Est). Proprio alla base delle pareti della Rocca Carpanèa che si affacciano sulla bassa Valle dell’Aquila, si aprono una serie di cavità molto interessanti, la cui visita risulta facilmente concatenabile grazie alla vicinanza fra loro delle stesse. Alcune si trovano a poca distanza da sentieri molto frequentati e sono perciò più note, altre richiedono un avvicinamento “ad hoc” e risultano quindi meno note. Gran parte di queste grotte sono oggi fruibili grazie all’instancabile lavoro di pulizia e mantenimento operato da Giorgio Massone, socio del CAI di Loano e appassionato frequentatore dell’entroterra finalese.

 

PUNTO DI PARTENZA:

Da Finale Ligure (uscita della A10 Genova-Ventimiglia) si scende a Finalborgo, dove si parcheggia presso una delle due porte della città (parcheggi a pagamento nel periodo estivo).

 

ITINERARIO

Dalla centrale Piazza Garibaldi di Finalborgo si procede verso l’antico Tribunale lungo Piazza Aicardi. Seguendo un archivolto a destra si imbocca la tortuosa Via delle Fabbriche (segnavia VP della “Via del Purchin", vedi anche itinerario n. 19 in senso inverso), che prosegue stretta fra le case verso lo sbocco della Valle dell’Aquila. Giunti ad un bivio presso i grandi lavatoi pubblici, si prosegue a sinistra lungo una stretta stradina pianeggiante (Via Romana), fra orti e vecchi coltivi. Con alcuni decisi cambi di direzione, sempre indicati dai segnavia VP, la stretta stradina raggiunge un gruppo di vecchie case ormai alla base dello sperone meridionale di Sant’Antonino, ultima propaggine della Rocca Carpanèa: presso un curioso spazio recintato dove vigilano numerosissimi nani da giardino (borgata Sottoripa), la stradina inizia a salire più decisamente, delimitata da alti muretti in pietra e dominata da un monumentale esemplare di pino marittimo. Con ripida ma breve salita si giunge alla caratteristica borgata Bolla, dove si incontra un bivio. Trascurata a sinistra la prosecuzione della “Via del Purchin”, si prosegue dritti, superando un sottopasso: si continua ora su una mulattiera attraverso fasce abbandonate e antiche case, in gran parte restaurate. Entrati nel bosco, si lascia a destra una diramazione diretta verso la Cascina del Burlo (che seguiremo dopo) per continuare a sinistra, con un tratto di ripida salita lastricata che con fondo bagnato può risultare scivolosa (attenzione specie in discesa). Nuovamente pianeggiante, la mulattiera si inserisce nel solco della Valle Urta e, nei pressi dell’antica chiesa sconsacrata di San Benedetto, si inserisce nella stradina asfaltata proveniente da Perti Alto e diretta a Montesordo. Seguendo la comoda stradicciola si giunge in breve al piccolo agglomerato delle Case Valle, poste sul fondo della Valle Urta e dominate dal rosso appicco meridionale di Bric Scimarco (h 0,45 da Finalborgo).

Qui si abbandona la strada e, superato a destra il rio su un ponte in pietra, ci si inoltra fra le antiche case, sapientemente ristrutturate. Il sentiero (cartelli in legno e segnavia ●●●) risale con erti tornanti la sponda boscosa sinistra idrografica della valle: più in alto traversa verso sinistra, quasi in piano, transitando al sommo della falesia detta Placca di Case Valle (bel panorama sulla fronteggiante Rocca di Perti), per poi riprendere la salita con altri tornanti nel bosco. Lasciate sulla sinistra un paio di ravvicinate diramazioni pianeggianti (vedi itinerario n. 14), si giunge in vista del boscoso Colletto di Sant'Antonino ( 230 m ca., h 0,30 da Case Valle). Di qui, salendo a destra, si raggiungono in pochi minuti i ruderi del Castrum Perticæ e l’antica chiesa di Sant’Antonino, mentre verso sinistra un sentiero (tabella del “Sentiero Ermano Fossati”) raggiunge la base delle rocce del Bric Scimarco e consente di affacciarsi dall’alto sulla voragine della Grotta dell’Edera: per i particolari, vedi itinerario n. 08.

Dal colletto, si segue il ben marcato sentiero ●●● che prosegue sul versante opposto (Valle dell’Aquila), dapprima in leggera discesa, poi in piano, alla base della bastionata rocciosa di Bric Scimarco. Poco prima che il sentiero riprenda a salire con decisione, si nota sulla sinistra, una decina di metri sopra il sentiero, una sorta di piccolo anfiteatro roccioso alla base della bastionata. Abbandonato il sentiero segnato, si rimonta al meglio per una ripida traccia il pendio, si supera un basso muro a secco e si giunge di fronte a tre piccoli antri che si aprono alla base della parete. Con un breve traversone a sinistra si giunge davanti all’ingresso della Grotta dell’Acqua (h 0,15 dal Colletto di Sant’Antonino).

Si tratta di una grotta caratterizzata, in passato, da una polla d’acqua sorgiva che sgorgava da un piccolo anfratto presso l’entrata, da cui il nome: oggi la fonte è seccata, ma è ancora visibile la fessura da cui un tempo fuoriusciva l’acqua. Salendo leggermente si entra all’interno, costituito da una prima sala piuttosto bassa (ma che consente comunque di rimanere in piedi). Oltre una strettoia, che costringe a chinarsi leggermente, si accede ad un successivo camerone pianeggiante, con qualche residuo di crollo, dove sul fondo crescono curiosamente dei caratteristici speleo-funghi bianchi. Sul soffitto si possono notare alcune formazioni stalattitiche attive e diverse belle colate calcaree.

Ritornati sul sentiero segnato, si prosegue verso sinistra effettuando un piccolo tornante per guadagnare quota. Poco oltre si incontra su un masso a sinistra il simbolo : abbandonando nuovamente il sentiero e risalendo brevemente fra rocce ed alberi rasenti la parete (segnavia __, percorso un po’ malagevole), si raggiunge in breve l’ingresso di una vasta caverna chiamata Grotta del Morto (o dei Zèrbi, h 0,10 dalla Grotta dell’Acqua)

L’apertura di accesso è assai ampia (5,50 x 4 m), e dà adito ad un grosso salone pianeggiante, con qualche masso da crollo sul pavimento. A destra dell’ingresso (guardando da dentro), in alto, si apre una piccola finestra che consente di illuminare fiocamente il salone. A sinistra, sotto la finestra, si origina una cunicolo discendente che, oltre alcuni massi ed una strettoia, consente l’accesso ad un secondo ambiente più piccolo, ricco di stalattiti e di licheni che generano il caratteristico “effetto argento e oro”: oltre una bella colonna, una rampa di massi franati (attenzione, qualche roccia instabile) permette di raggiungere il punto più basso, dove sono presenti alcune piccole depressioni (probabilmente originati dagli scavi in cui sono stati ritrovati numerosi resti ossei di Ursus Spelæus). Sul fondo si trova ancora un tratto molto basso, con alcune graziose colonnine ed un minuscolo bellissimo laghetto che si forma spesso dopo abbondanti piogge.

Ritornati ancora una volta sul sentiero segnalato, si ritorna indietro per il percorso dell’andata fino alle Case Valle e, dalla chiesa di San Benedetto, si ritorna verso Finalborgo fino al bivio a sinistra già incontrato in salita per la Cascina del Burlo (h 1,00 dalla Grotta del Morto).

Seguendo questo sentiero in lieve discesa nel bosco, si supera il letto asciutto del piccolo Rio di Montesordo e, aggirato un costone, si giunge presso il retro della grande Cascina del Burlo, regolarmente abitata e raggiunta da una stradina asfaltata che si stacca dalla strada di fondovalle dell’Aquila (possibile variante di accesso per le visite alle grotte di questa sezione). Oltre il perimetro della cascina si incontra un sentiero proveniente da destra (arriva dal piazzale di fronte alla casa): si deve invece proseguire a sinistra, in piano lungo una fascia abbandonata. Ben presto la fascia risulta invasa da fitta ed inestricabile vegetazione: si deve allora deviare a sinistra e risalire un breve varco nel muretto a secco che sorregge la fascia superiore. Proseguendo per poche decine di metri lungo questa, si evita il tratto invaso di vegetazione, quindi si ridiscende alla fascia sottostante. Proseguendo in leggera salita nel bosco, per tracce abbastanza evidenti, si giunge ad uno speroncino roccioso, da dove si gode di bella veduta sulla Valle dell’Aquila e sulle imponenti pareti del Bric Pianarella e del Bric Spaventaggi. Risalito al meglio il costoncino per facili e gradinate placchette rocciose, si continua nuovamente in leggera salita per un vecchio sentiero fra vegetazione intricata, fino alla base di una serie di imponenti muraglioni a secco. In corrispondenza dei muraglioni si devia decisamente a sinistra, rimontando con alcune ripide svolte il pendio boscoso fino alla base delle rocce, dove si trova un poco accentuato bivio. Si prosegue a sinistra, in leggera salita a mezza costa, lungo i resti di un’antica mulattiera a tratti lastricata. Aggirato lo sperone roccioso, incontrando alcuni piccoli anfratti subito sopra il sentiero, la vecchia traccia inizia a scendere: a questo punto si abbandona il tracciato principale per seguire una traccia a destra che aggira un cocuzzolo boscoso e si porta sulla piccola spianata antistante l’ingresso della Grotta dell’Uccelliera (h 0,20 dal bivio per Cascina del Burlo).

Si tratta di una piccola caverna a pianta pressoché circolare, il cui ingresso è in parte celato da un doppio muro in pietre a secco, con finestrella-camino a destra (guardando dall’esterno). Oltre l’ingresso, si è nella capace sala principale, che costringe a procedere leggermente curvi per via del soffitto e che presenta al centro una caratteristica colonna. Proseguendo oltre la colonna il soffitto si abbassa ulteriormente, e risultano visibili alcuni caratteristici fori a spirale che salgono verso l’alto, originati da acque scorrenti in regime vorticoso un tempo presenti nella grotta. Sul fondo si trovano ancora vecchi muretti a secco di epoca imprecisata.

Usciti dalla grotta, si ritorna per il sentiero di accesso fino al poco accentuato bivio alla base delle rocce: qui, trascurato il sentiero percorso all’andata che scende a destra, si prosegue dritti lungo una vaga traccia nel bosco. Giunti alla base di una imponente bastionata rocciosa, si passa tra la parete ed un ciclopico blocco roccioso che si appoggia ad essa (passaggio molto caratteristico): subito oltre questo passaggio, si lascia a sinistra la corda fissa che sale alla Grotta del Sanguineto e si prosegue in piano alla base della parete. Con percorso un po’ infastidito per la prorompente vegetazione, si continua rasenti alle rocce fino alla piccola Grotta F.57 (h 0,10 dalla Grotta dell’Uccelliera).

Senza nome, e quindi qui indicata dal codice del catasto speleologico (come le cavità seguenti), si tratta di un piccolo anfratto poco profondo, delimitato da un modesto muretto a secco in parte crollato.

Continuando lungo il sentiero alla base della parete, si raggiunge in breve la caratteristica Grotta 199 (h 0,05 dalla Grotta F.57).

Si tratta di una grotta doppia, con due anfratti su livelli distinti: da quello inferiore, non molto profondo, seguendo una cengia a sinistra si giunge alla base di un breve tratto gradinato in corrispondenza di un bel corrugamento roccioso. Di qui, salendo con attenzione un breve tratto verticale ed esposto (appigli abbastanza netti, ma attenzione alla grande quantità di sabbiolina!), si giunge all’anfratto superiore, da visitare con attenzione per via del salto incombente. La particolarità qui sono numerosi fori quadrangolari nella parte alta delle pareti, quasi degli alloggiamenti scavati ad hoc per qualcosa di indefinito.

Ritornati ai piedi della parete, si scende leggermente aggirando a sinistra un grosso masso, che  visto dal basso mostra delle forme di erosione assai caratteristiche. Traversato in piano nuovamente alla base della parete rocciosa, si giunge velocemente alla Grotta F.58 (h 0,05 dalla Grotta 199).

Più che di una grotta vera e propria si tratta di un lungo anfratto sotto uno strapiombo, interessante soprattutto dal punto di vista geologico in quanto qui la caratteristica Pietra del Finale, che costituisce la sezione strapiombante dell’anfratto, è sorretta da uno strato di conglomerato e, ancora sotto, da uno di rocce grigie curiosamente corrugate.

Ritornando pochi passi indietro lungo il percorso dell’andata e scendendo brevemente verso un piccolo terrazzino roccioso visibile poche decine di metri più in basso, si giunge all’imbocco di una Grotta Innominata (h 0,10 dalla Grotta F.58), presso un alberello.

Proprio sopra l’ingresso, molto basso, sono infissi due perni paralleli filettati, sembra utilizzati un tempo come supporto ad improvvisate teleferiche per il trasporto a valle del legname. Entrati nella grotta carponi, subito ci si può rimettere in piedi, anche se leggermente curvi, proseguendo per un tratto in un buio cunicolo: questo curva leggermente verso destra, con alcune belle colate calcaree sulle pareti. Raggiunta una saletta con alcune belle colonnine, si supera verso sinistra una strettoia che costringe a muoversi carponi per un paio di metri. Si continua ancora per una decina di metri chini fino ad una diramazione: dritto prosegue uno stretto cunicolo, mentre a sinistra si origina un nuovo budello che subito si divide, verso destra, in due nuovi cunicoli paralleli. Il prosieguo dell’esplorazione è riservata a chi possiede adeguate conoscenze speleologiche.

Ripresa la traccia di sentiero, si segue a ritroso il percorso effettuato ritornando presso il ciclopico blocco roccioso appoggiato, dove si sale a destra un breve gradino in parte artificiale per uscire sulla piccola piazzola antistante la Grotta Inferiore del Sanguineto (h 0,05 dalla Grotta Innominata).

Si tratta di una piccola caverna che si apre sul fondo di un anfratto di roccia gialla, con alcuni massi crollati sul fronte e un piccolo vano senza sbocchi apparenti.

Sulla sinistra si rimonta una ripida cengia diagonale, in parte ricavata artificialmente tramite un antico muro a secco, grazie anche all’ausilio di una corda fissa (controllarne l’affidabilità!), raggiungendo il punto di appoggio superiore del ciclopico roccione. Di qui un’antica scalinata in pietra sale fino al vastissimo antro della Grotta Superiore del Sanguineto (o Grotta della Matta).

Si tratta di una delle più grandi grotte del Finalese, formando un grande antro di 22 x 15 m, per oltre 6 m di altezza. Sulla sinistra si dirama un cunicolo in discesa (molto stretto e angusto, sconsigliato ai neofiti!) che sbocca in una saletta ricca di stalattiti. Qui furono eseguiti alla fine del XIX° Secolo importanti scavi, in particolar modo dal prof. Issel, che portarono alla luce numerosissimi reperti risalenti al Neolitico e all’Età del Bronzo, ivi comprese diverse sepolture. Il lavoro di recupero dell’encomiabile Giorgio Massone ha inoltre riportato alla luce gli importanti lavori di fortificazione eseguiti sulla grotta (presumibilmente nel XVI°-XVII° Secolo): molto caratteristici appaiono i due bastioni circolari ai lati dell’imbocco (in particolare, interessante un foro passante nel bastione Sud, forse un espediente a difesa di uno dei pochi punti deboli della bastionata), collegati da una bastionata inclinata in pietra che segue l’originale linea del pendio, prima che questo precipiti strapiombando per una decina di metri. Queste strutture già all’epoca di Issel (1876) apparivano solo a tratti, in parte soffocate dalla vegetazione rigogliosa, e nello storico libro “Le caverne del Finale” del 1947 venivano addirittura posti dubbi sul fatto che lo sbarramento della grotta fosse artificiale. Questo, ancora una volta, a testimonianza della meritoria opera di riqualificazione svolta dall’amico Giorgio.

Per il ritorno, dalla grotta si segue a ritroso il percorso dell’andata fino alla Cascina del Burlo, di qui al bivio per Case Valle e, proseguendo in discesa verso sinistra, si ritorna a Sottoripa e a Finalborgo (h 0,45 dalla Grotta del Sanguineto).

 

TEMPO TOTALE

h 4,30 circa (esclusi i tempi per l’esplorazione delle grotte) 

DISLIVELLO

300 m

DIFFICOLTA’

EE (orientamento non sempre facile, attenzione all'esposto accesso all'antro superiore della Grotta 199)

ULTIMO SOPRALLUOGO

9 dicembre 2016

PERIODO CONSIGLIATO

dall'autunno alla primavera

COMMENTI

Gita molto interessante, alla scoperta di alcune delle grotte “storiche” del Finalese. Quasi tutte non oppongono difficoltà alla visita interna, richiedendo comunque la necessaria prudenza (indispensabile la torcia elettrica!). Ancora un grosso “GRAZIE” all’amico Giorgio Massone che, di sua iniziativa, rende fruibili questi siti che, senza di lui, sarebbero sommersi da rovi e vegetazione infestante. Molto consigliato!