25. Anello dei Castelletti e del Frate

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CARTINA CONSIGLIATA

FRATERNALI 1:25.000 - foglio 20

CATEGORIA/ZONA

ESCURSIONISMO - SU E GIU' PER LA RIVIERA LIGURE

SCHEDA N. 25

 

FOTO NOTEVOLI

FOTOPERCORSO

LA ROCCA DI PERTI, FINALE LIGURE (A SINISTRA) E L’ISOLA GALLINARA (A DESTRA) DALLA DORSALE DEI CASTELLETTI

LA GROTTA DEI CASTELLETTI (O DELL’OMO BUN)

L’INTERNO DELLA PICCOLA E CARATTERISTICA GROTTA DEI CASTELLETTI (O DELL’OMO BUN)

IL BRIC DEL FRATE DALLA TRACCIA SEGNATA IN GIALLO CHE SCENDE VERSO PIAN MARINO

L’ABITATO DI FEGLINO E L’AUTOSTRADA A10 DAI PRESSI DELLA GROTTA DEL FRATE

LA CASCINA DEL BURLO ED IL RETROSTANTE SPERONE DI SANT’ANTONINO: A SINISTRA SI INDOVINA IL SOLCO DELLA VALLE URTA

 

INTRODUZIONE

Tutto il vasto settore montuoso compreso fra la Valle Urta (o Valletta di Montesordo) e la bassa Valle dell’Aquila, nell’immediato entroterra di Finale Ligure, è denominato genericamente Rocca Carpanèa. Si tratta in realtà di un complesso roccioso assai movimentato, costituito da diverse sommità che, se da qualche versante altro non sono che insignificanti rilievi boscosi, da altri mostrano imponenti pareti rocciose che ne evidenziano una spiccata individualità. La quota massima si trova all'estremità nord, dominante l'abitato di Feglino: è il Bric del Frate ( 388 m ), chiamato confidenzialmente dai locali "il gigante che dorme" a causa del caratteristico profilo rivolto verso l'Autostrada A10. Nelle sue viscere è scavata la caratteristica Grotta del Frate, ampia e facile, che presenta una caratteristica “finestra” che si apre in piena parete, in vista delle case di Feglino. Segue poi il cocuzzolo boscoso del Bric Grigio ( 365 m ), ai cui piedi si evidenzia il caratteristico pinnacolo roccioso chiamato " la Caffettiera " e, oltre la piccola valletta chiamata Valle Ercèa, al cui sbocco inferiore svettano le ardite guglie dei Tre Frati, la bellissima bastionata di Bric Scimarco ( 325 m ), caratterizzata da numerose grotte, tra cui spiccano la Grotta del Morto e la Grotta dell’Acqua. Oltre l'ampia sella boscosa del Colletto di Sant'Antonino, si evidenzia ancora il cimotto boscoso chiamato, appunto, Sant'Antonino, sede di un antico castello medioevale e di una antichissima chiesetta tutt'ora esistente. 

La Rocca Carpanèa è collegata alla massiccia Rocca di Perti attraverso una breve dorsale boscosa sormontata da una movimentata crestina rocciosa denominata “I Castelletti”: fra i suoi anfratti si trovano alcune interessanti cavità, come l’angusta Arma du Pilin e la caratteristica piccola Grotta dei Castelletti (o dell’Omo Bun). All’estremità meridionale di questa dorsale, poco sopra le case di Montesordo, si trova la Grotta di Montesordo, caratterizzata da un muro bastionato risalente all’occupazione spagnola e da una grotticella superiore che si affaccia sulla caverna principale da uno spettacolare foro nella volta.

Questo itinerario ad anello consente, con poca fatica, di toccare e visitare tutte queste grotte, oltre che di effettuare un bellissimo e panoramico giro nella natura finalese.

 

PUNTO DI PARTENZA:

Da Finale Ligure (uscita dell'autostrada A10 Genova-Ventimiglia) si scende a Finalborgo. Dall’estremità Sud-orientale del paese si segue la stradina che costeggia il Torrente Aquila sulla sinistra idrografica. Usciti dall’abitato, si continua in piano fino ad una chiesetta. Appena dopo l’edificio si parcheggia l’auto in un ampio slargo sulla destra, subito prima di un ponte.

 

ITINERARIO

Si supera il Torrente Aquila su uno stretto ponticello a sinistra, quindi si prosegue sul ramo sinistro della stradina cementata che, con percorso tortuoso ma pressoché pianeggiante, raggiunge la borgata Sottoripa, in corrispondenza di un curioso spazio recintato dove vigilano numerosissimi nani da giardino: qui si incontrano l’itinerario n. 24 e l’itinerario n. 19. Si continua a destra, lungo la stradina (segnavia VP) che inizia a salire più decisamente, delimitata da alti muretti in pietra e dominata da un monumentale esemplare di pino marittimo. Con ripida ma breve salita si giunge alla caratteristica borgata Bolla, dove si incontra un bivio. Trascurata a sinistra la prosecuzione della “Via del Purchin” (vedi itinerario n. 19), si prosegue dritti, superando un sottopasso: si continua ora su una mulattiera attraverso fasce abbandonate e antiche case, in gran parte restaurate. Entrati nel bosco, si lascia a destra una diramazione diretta verso la Cascina del Burlo (che seguiremo al ritorno) per continuare a sinistra, con un tratto di ripida salita lastricata che con fondo bagnato può risultare scivolosa (attenzione specie in discesa). Nuovamente pianeggiante, la mulattiera si inserisce nel solco della Valle Urta e, nei pressi dell’antica chiesa sconsacrata di San Benedetto, si inserisce nella stradina asfaltata proveniente da Perti Alto e diretta a Montesordo. Seguendo la comoda stradicciola si giunge in breve al piccolo agglomerato delle Case Valle, poste sul fondo della Valle Urta e dominate dal rosso appicco meridionale di Bric Scimarco (h 0,35 dal parcheggio).

Si continua lungo la stradetta asfaltata che risale la Valle Urta, in leggera e non faticosa salita. Lasciato a destra il sentiero per la Cascina Buio (parcheggio subito dopo sulla destra), si continua per la stretta stradina asfaltata che percorre la pittoresca valletta di Montesordo (Valle Urta), racchiusa fra la Rocca Carpanèa e la Rocca di Perti: sull'opposto versante della valle si possono notare numerose falesie, dove spesso sono impegnati molti scalatori. In particolare, impressiona il Settore Centrale di Montesordo, una parete verticale incisa da un'arcuata fessura. Si giunge così al parcheggio in località Cianassi (h 0,15 da Case Valle), alla testata della valle, punto di partenza per i numerosi arrampicatori delle falesie della zona.

Dal parcheggio si imbocca ora la stradetta sterrata, e poi cementata, che si dirige verso destra (Nord) in moderata salita, seguendo i segnavia del “Sentiero Ermano Fossati”. Superate alcune case, presso un tornante si abbandona la stradetta per proseguire a sinistra lungo un’evidente sentiero (sempre segnavia ___) che prende a risalire il bosco con una serie di svolte. Presso un deciso tornante verso sinistra, si abbandona il sentiero principale per seguire una labile traccia sulla destra, che sale ripida lungo un solco boscoso fino in una zona di imponenti muraglioni a secco. Raggiunta un’ampia fascia dove vecchi olivi resistono alla morsa del bosco, si continua in piano verso destra. Giunti presso un curioso masso al cui interno vegeta un grosso leccio (in basso, fra i rami, si intravede una casa), si abbandona la fascia pianeggiante per salire a sinistra, lungo vaghe tracce fra erba e arbusti. Si sale lungo un’antica scalinata di pietra, quindi si prosegue sulla traccia che raggiunge un ampio ripiano di sterpaglie (bella veduta sulla fronteggiante Rocca di Perti). Attraversato il ripiano, si prosegue verso destra, al limite inferiore del bosco, su un malagevole fondo di pietrame mobile. Rientrati nel bosco, con un’ultima breve salita si giunge allo spiazzo antistante la bellissima Grotta di Montesordo (h 0,20 dal parcheggio). 

La cavità, un grande antro che si apre in un’alta parete rocciosa con belle striature giallo-rosse, è chiusa da un muro intonacato in cui si apre una pregevole porta ad arco a tutto sesto, in cui è ancora visibile in basso un antico cardine. Sulla destra della porta in alto si trova una sorta di “bastione” (difficilmente raggiungibile), in origine protetto da un parapetto in pietre a secco oggi purtroppo in gran parte crollato. Nello spazioso interno si trova, sulla sinistra, un altro muro che delimita un vano in cui si trovano ancora i travi di legno che sorreggevano un’antica copertura (probabilmente in legno o paglia). In alto, presso la sommità della volta, si nota un foro parzialmente chiuso da un muretto a secco: a quest’apertura fa capo un cunicolo il cui ingresso si trova al sommo della parete rocciosa in cui si apre la grotta principale. L’accesso alla grotta superiore richiede attenzione ed un po’ di esperienza, ma è consigliabile per l’insolito ambiente e per le belle vedute dall’alto sulla grotta sottostante e su Finale.

Accesso alla grotta superiore: dal ripiano antistante la grotta si deve rimontare la placchetta rocciosa di sinistra, sfruttando alcune fessure diagonali (facile, ma attenzione). Dalla sommità del risalto si traversa brevemente a sinistra, quindi si rimonta il ripido ed intricato pendio boscoso per una vaga traccia che si riporta gradualmente verso destra fino all’imboccatura della grotta superiore (h 0,05 dalla grotta inferiore), a guisa di pozzo. Conviene assicurare una corda al ceppo subito fuori dalla grotta (il salto non supera i 7-8 m): in questo modo è possibile scendere in sicurezza lungo l’esposto pozzetto iniziale, trovando la paretina verso destra (faccia a monte) più facile e gradinata. Raggiunto un primo pianerottolo, si traversa brevemente a sinistra (una grossa radice aiuta), quindi si scende sul fondo del pozzo, avvistando già la luce della finestra che si affaccia sulla grotta inferiore. Trascurando l’ultima parte di discesa fin sul fondo del pozzo, dove grossi massi di crollo indicano che probabilmente un tempo le due cavità erano collegate direttamente, si segue un basso cunicolo a destra che raggiunge in breve la finestra, aperta nell’altissima volta della grotta inferiore (attenzione, il muretto di pietre non è un parapetto, come poteva apparire dal basso, ma un semplice terrapieno per livellare il terreno!). Con attenzione ci si può affacciare, dall’alto, sulla grotta inferiore, di cui si nota il muro ed il portale, fiancheggiato dal bastione circolare. Sullo sfondo Finale ed il mare.

Ritornati all’aperto, si ritorna presso l’ingresso della grotta inferiore, quindi si ripercorre l’itinerario di accesso fino a re-intercettare il “Sentiero Ermano Fossati” (segnavia ___, h 0,15 dalla grotta superiore).

Si prosegue a destra, in ripida salita nel fitto bosco: con tortuoso percorso il comodo sentiero guadagna quota nella boscaglia, lascia a sinistra una diramazione (ometto) e, sempre segnalato dalle tacche ___, volge a destra guadagnando la sommità della dorsale dei Castelletti. Con breve percorso pianeggiante si giunge sul ciglio della bastionata rocciosa dei Castelletti (h 0,25 da dove si ritrova il Sentiero Fossati), che precipita verso Nord-Ovest con una paretina strapiombante di una decina di metri.

Si tratta di una cresta a lastroni lunga un centinaio di metri, poco inclinata verso Sud-Est e, come detto, strapiombante verso Nord-Ovest, da cui si ammira un vasto panorama sui gruppi del Carmo e del Settepani e, verso Sud, sulla massiccia Rocca di Perti. Con pochi passi verso destra si giunge ad un piccolo sito di cava (ancora visibili i gradoni da dove sono stati asportati i blocchi), mentre con facile percorso a sinistra lungo i lastroni della cresta si giunge ad uno sperone da cui si ammira un bel panorama da Finale Ligure all’Isola Gallinara.

Ritornati al sentiero, si scende lungo una breve spaccatura fra le rocce (qualche roccetta, facile) fino ad un sottostante ripiano alla base della parete dove, subito a destra, si trova la caratteristica Grotta dei Castelletti (o dell’Omo bun).

Si tratta di una piccola cavernetta, quasi un anfratto, che è stata chiusa completamente da muri a secco che le donano l’aspetto di una casetta. Un massiccio basamento esterno indica che probabilmente in origine i muri a secco erano più esterni degli attuali, e che il locale è stato successivamente ridotto alle odierne dimensioni forse per problemi di infiltrazioni d’acqua. All’interno, di altezza sufficiente per mantenere la posizione eretta, si trova un focolare ancora ben conservato sulla parete di fronte all’ingresso con relativa finestrella di aerazione. Per il resto il vasto locale si presenta spoglio e privo di ulteriori passaggi praticabili: solo all’estrema destra si nota uno strettissimo budello (circa 30 cm di diametro) che si insinua nelle viscere della montagna. Usciti dalla grotta, proseguendo verso sinistra alla base della paretina strapiombante per una ventina di metri, si giunge presso un nuovo grande antro, caratterizzato da una piccola porzione di roccia lavorata sulla tipologia della famosa falesia dell’Alveare (vedi anche itinerario n. 14).

Si prosegue ora a destra, oltre la Grotta dei Castelletti, lungo il pianeggiante tracciato del “Sentiero Ermano Fossati”. Si costeggia quasi subito un nuovo anfratto giallastro, sotto il quale in una vaschetta naturale si raccolgono spesso le acque di una caratteristica pozza. Continuando pressoché in piano nel bosco fitto si giunge al punto in cui terminano, a destra, le rocce dei Castelletti. Si abbandona allora il tracciato segnalato per seguire a destra una evidente traccia che sale brevemente a scavalcare il costone boscoso alla base delle ultime propaggini della cresta, quindi scende ripidamente dall’altra parte tornando gradatamente a destra e costeggiando alla base le rocce fino al ripiano dove si apre il grande anfratto iniziale dell’Arma du Pilin (h 0,10 dalla Grotta dei Castelletti).

Questa è costituita esternamente da un lungo ed alto anfratto, parzialmente chiuso da un basso muretto a secco. All’estremità sinistra si apre una piccola cavernetta, che si inoltra nella montagna per pochi metri, anch’essa parzialmente chiusa da un muretto a secco, forse utilizzata come ricovero per gli animali. La parte più interessante si sviluppa però, un po’ inaspettatamente, a destra: qui si trova infatti una stretta e bassa apertura, ornata da belle colate e da una graziosa colonnina sulla sinistra, che consente di inoltrarsi all’interno. La grotta risulta in realtà una stretta cavità diagonale fra due bancate di roccia, alta non più di 1,5 m, in cui spostarsi risulta scomodo e faticoso. In una prima saletta con colonnina si possono ammirare, sul soffitto, i licheni che danno origine al caratteristico “effetto oro”, fenomeno osservabile in diverse altre cavità finalesi. Oltre uno scomodo passaggio in cui bisogna quasi strisciare, si giunge ad una seconda saletta, con piccole stalattiti attive sul soffitto. Oltre un nuovo breve tratto molto basso si giunge nella camera terminale dove, sul fondo, si trova un colonnato calcareo ai piedi del quale si può ammirare una magnifica colata di quarzo bianco. Sulla sinistra, oltre un basso pertugio, si indovina un’altra piccola saletta, per raggiungere la quale bisogna però strisciare per un lungo tratto (sconsigliabile).

Ritornati all’esterno, si segue la traccia di accesso fino ad intercettare nuovamente il “Sentiero Fossati”. Lo si segue verso destra, in leggera salita, dapprima nel bosco fitto, poi per un tratto più aperto, alla base di una rocciosa paretina giallastra, con bella veduta su Calice Ligure. In questo tratto compaiono anche dei vistosi segnavia gialli, realizzati tempi addietro dall’ENEL per la manutenzione del vicino elettrodotto. Aggirato un cocuzzolo, si trascura una brevissima diramazione a destra con segnavia gialli che raggiunge un vicino traliccio e si prosegue a sinistra (sempre segnavia ___ e tacche gialle), in un ambiente di macchia mediterranea con radi pini marittimi che indica recenti incendi. Dopo un tratto pianeggiante il sentiero scende brevemente fino ad andare ad intercettare, presso un’ampia sella, una carrareccia sterrata (h 0,15 dall’Arma du Pilin).

Trascurando la carrareccia e la prosecuzione del “Sentiero Ermano Fossati”, che effettua un più lungo giro, si devia decisamente a destra e si segue una vecchia traccia segnalata dalle evidenti tacche gialle dell’ENEL, che scende nel fitto bosco. Badando a non perdere di vista i vecchi segnavia, al prezzo di ritrovarsi in mezzo ai rovi, si scende velocemente e piuttosto ripidamente fino ad uscire sul bellissimo ripiano erboso di Pian Marino. Seguendo il sentiero con segnavia ●● che percorre il ripiano per breve tratto verso destra, si giunge ad un bivio (h 0,15 dalla sella).

Abbandonato il sentiero ●● diretto a Montesordo (vedi anche itinerario n. 08), si prosegue a sinistra (segnavia ), attraversando il ripiano ed iniziando poi a salire verso il visibile Bric del Frate. Con un paio di ampi tornanti si transita nei pressi della Paretina di Pian Marino (falesia), quindi si prosegue a salire costantemente ma con dolci pendenze fino a raggiungere in breve tempo una vecchia cava presso alcune paretine (seguendo una traccia pianeggiante a sinistra si può visitare una piccola falesia). Con un’ultima beve salita si raggiunge comodamente l’ampia sella poco sotto la cima del Bric del Frate (h 0,20 da Pian Marino).

Seguendo i segnavia a sinistra, in 5 minuti si raggiunge la sommità rocciosa del Bric del Frate ( 388 m ), sulla quale sorgono alcune piccole antenne e da dove si gode di bellissimo panorama su tutta la zona di Feglino

Ritornati al colletto, si scende dall’altra parte alla testata della piccola Valle Ercéa, una valletta fossile compresa fra Bric del Frate, Bric Grigio e Bric Scimarco. Dopo un breve tratto di discesa piuttosto ripida (segnavia ◇◇), si giunge ad una selletta nel bosco, dove si trova un evidente bivio non segnalato (h 0,05 dal colletto sotto il Bric del Frate).

Abbandonato temporaneamente il segnavia ◇◇, si scende a sinistra piuttosto ripidamente nella fitta boscaglia lungo un’evidente traccia non segnata. Dopo un ripido tratto in discesa si nota a sinistra una insellatura boscosa, che altro non è che il colletto a monte del pinnacolo roccioso noto come “la Caffettiera” (ben visibile dall’Autostrada A10 presso il casello di Orco-Feglino). Qui si abbandona la traccia, che prosegue a scendere nel bosco, e si raggiunge l’insellatura. Oltre questa si prosegue in piano e si giunge ai piedi della parete superiore del Bric del Frate: in alto si aprono numerosi piccoli antri. Salendo alla base delle rocce, si prosegue poi lungo una facile cengia verso destra e, oltre uno speroncino, appare improvvisamente l’ingresso della Grotta del Frate (h 0,10 da dove si abbandona il sentiero segnalato).

È una grande cavità, molto alta e spaziosa anche se poco concrezionata. Subito oltre l’ingresso si apre una grande sala dal soffitto altissimo, in cui si possono ammirare alcuni begli esempi di vortici ipogei fossili. Subito a sinistra c’è una piccola nicchia, mentre proseguendo verso destra si supera una zona con massi e si giunge ad una nuova saletta, illuminata da uno spettacolare finestrone che si affaccia in piena parete sull’abitato di Feglino (attenzione all’esposizione). Ai lati del finestrone si notano numerosi spit e soste della falesia di Bric del Frate. Sul terreno si notano gli inequivocabili segni della grande frequentazione di ovini nella zona.

Si ritorna, con un tratto di breve ma faticosa salita finale, alla selletta dove si era abbandonato il sentiero segnalato. Di qui si prosegue a sinistra, in discesa, per l’amena Valle Ercéa, lungo una serie successiva di ampi ripiani terrazzati, un tempo coltivati ed oggi invasi dal bosco. Con comodo percorso si perde quota fino a raggiungere lo sbocco inferiore della valletta, presso l’evidente bivio con il segnavia ●●● (tabella, h 0,30 dalla Grotta del Frate).

Trascurando la prosecuzione del segnavia ◇◇ diretto ai vicini Tre Frati (vedi itinerario n. 08), si segue verso destra il segnavia ●●● in lieve salita nel bosco. Costeggiando la parete orientale di Bric Scimarco, si incontra su un masso a destra il simbolo : abbandonando il sentiero e risalendo fra rocce ed alberi rasentando la parete (segnavia __, percorso un po’ malagevole), si raggiunge in breve una vasta caverna chiamata Grotta del Morto (o dei Zèrbi)

L’apertura di accesso è assai ampia (5,50 x 4 m), e dà adito ad un grosso salone pianeggiante, con qualche masso da crollo sul pavimento. A destra dell’ingresso (guardando da dentro), in alto, si apre una piccola finestra che consente di illuminare fiocamente il salone. A sinistra, sotto la finestra, si origina una cunicolo discendente che, oltre alcuni massi ed una strettoia, consente l’accesso ad un secondo ambiente più piccolo, ricco di stalattiti e di licheni che generano il caratteristico “effetto argento e oro”: oltre una bella colonna, una rampa di massi franati (attenzione, qualche roccia instabile) permette di raggiungere il punto più basso, dove sono presenti alcune piccole depressioni (probabilmente originati dagli scavi in cui sono stati ritrovati numerosi resti ossei di Ursus Spelæus). Sul fondo si trova ancora un tratto molto basso, con alcune graziose colonnine ed un minuscolo bellissimo laghetto che si forma spesso dopo abbondanti piogge.

Ritornati sul sentiero segnato, si prosegue verso destra effettuando un piccolo tornante per perdere alcuni metri di quota. Quando il sentiero spiana, si nota sulla destra, una decina di metri sopra il sentiero, una sorta di piccolo anfiteatro roccioso alla base della bastionata. Abbandonato ancora una volta il sentiero segnato, si rimonta al meglio per una ripida traccia il pendio, si supera un basso muro a secco e si giunge di fronte a tre piccoli antri che si aprono alla base della parete. Con un breve traversone a sinistra si giunge davanti all’ingresso della Grotta dell’Acqua.

Si tratta di una grotta caratterizzata, in passato, da una polla d’acqua sorgiva che sgorgava da un piccolo anfratto presso l’entrata, da cui il nome: oggi la fonte è seccata, ma è ancora visibile la fessura da cui un tempo fuoriusciva l’acqua. Salendo leggermente si entra all’interno, costituito da una prima sala piuttosto bassa (ma che consente comunque di rimanere in piedi). Oltre una strettoia, che costringe a chinarsi leggermente, si accede ad un successivo camerone pianeggiante, con qualche residuo di crollo, dove sul fondo crescono curiosamente dei caratteristici speleo-funghi bianchi. Sul soffitto si possono notare alcune formazioni stalattitiche attive e diverse belle colate calcaree.

Ritornati definitivamente sul sentiero segnato, lo si segue verso destra, ora in leggera salita, fino ad uscire sull’ampia sella boscosa del Colletto di Sant’Antonino, dove si incrocia nuovamente il “Sentiero Ermano Fossati”. Scendendo dall’altra parte con evidente e comodo percorso, si sfiora la sommità della piccola falesia detta Placca di Case Valle e, perdendo quota velocemente nel bosco, si raggiungono le Case Valle, sul fondo della Valle Urta (h 0,40 dal bivio presso i Tre Frati).

Superato il ponte sul rio si ritrova la stradina asfaltata proveniente da Perti Alto. Seguendo a ritroso il percorso dell’andata si tocca la ex chiesa di San Benedetto, dove si abbandona l’asfalto per riprendere la mulattiera a sinistra diretta alla borgata Bolla. Giunti al bivio per la Cascina del Burlo, si abbandona la mulattiera seguita all’andata per prendere a sinistra quella che scende in breve a valicare il rio e, traversando nel bosco, giunge velocemente sul retro della cascina. Trascurato a sinistra il sentierino percorso dall’itinerario n. 24, si segue il sentierino di destra che, costeggiando la recinzione, giunge in pochi metri presso la Cascina del Burlo (h 0,15 da Case Valle, bella veduta sulla Valle dell’Aquila).

Non rimane ora che scendere lungo la comoda stradetta dal fondo cementato che, con qualche svolta, perde quota velocemente e raggiunge il fondovalle presso il ponte in cemento oltre il quale si ritrova il parcheggio e l’auto (h 0,10 dalla Cascina del Burlo).

 

TEMPO TOTALE

h 5,00 circa (escluso il tempo dedicato all’esplorazione delle varie grotte)

DISLIVELLO

450 m circa

DIFFICOLTA’

E (F l’esplorazione della grotta superiore di Montesordo, necessaria una corda)

ULTIMO SOPRALLUOGO

3 gennaio 2017

PERIODO CONSIGLIATO

dall'autunno alla primavera

COMMENTI

Bel percorso ad anello, valido già di per sé ma impreziosito ancor di più dalla visita delle varie grotte che si incontrano lungo il cammino. Per le grotte: nessuna difficoltà per visitare quelle dei Castelletti, del Frate e l’inferiore di Montesordo, impegnativa la superiore di Montesordo (necessaria la corda), mentre l’Arma du Pilin può risultare un po’ repulsiva e claustrofobica, ma è comunque molto interessante. Per tutte è indispensabile la torcia elettrica. La gita è in sé poco faticosa. Consigliata!