Punta Plent 2747 m - Via normale

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CARTINA CONSIGLIATA

Fraternali scala 1:25.000 – Foglio 15

CATEGORIA/ZONA

ALPINISMO - ALPI MARITTIME

SCHEDA N. 48

 

FOTO NOTEVOLI

FOTOPERCORSO VIRTUALE

IL PERCORSO DI SALITA DA POCO SOTTO IL PASSO DEL SOUFFI

IL TRACCIATO DELL’ULTIMO TRATTO DI SALITA, IL PIU’ IMPEGNATIVO, DAI PRESSI DELLA FORCELLA DELLA BIFIDA

L’ERBOSA PUNTA STELLA ED IL PIU’ LONTANO MONTE MATTO DALLA VETTA DI PUNTA PLENT

 

STORIA ALPINISTICA

La Punta Plent (2747 m) è un poderoso pilastro di gneiss appartenente alla Catena delle Guide, lunga cresta con andamento leggermente arcuato Est-Ovest originantesi alla Forcella del Corno Stella (2750 m) e che va a separare il Vallone dell’Argentera (Sud) dai valloni di Lourousa (Nord-Est) e del Souffi (Nord).

Lungo la Catena delle Guide svettano numerose sommità separate da elevate e spesso difficilmente valicabili forcelle, in gran parte intitolate ai migliori scalatori locali: di qui l’appellativo della cresta, ormai famosa in tutte le Alpi Sud-Occidentali per la gran quantità di vie di arrampicata tracciate su queste pareti.

Se il versante meridionale della catena risulta molto frequentato, grazie alla comodissima base di appoggio costituita dal bel Rifugio Bozano, altrettanto non si può dire per quello opposto, dominante il selvaggio solco del Vallone del Souffi. Questo vallone, cosa assai rara nelle Alpi Marittime, risulta completamente selvaggio ed abbandonato, privo persino di un sentiero che lo percorra: fino agli anni ’70 sembra esistesse un segnavia N9 che consentiva, attraverso il Passo del Souffi, il collegamento fra il Bivacco Varrone e i pressi del Gias delle Mosche, nel Vallone della Casa, ma già all’epoca la traccia risultava assai labile e poco marcata. Oggi, come detto, non si reperisce più alcuna traccia (il segnavia N9 è ristretto al breve accesso al Bivacco Varrone dal Vallone di Lourousa), e il procedere lungo il ripidissimo vallone del Souffi (specialmente in discesa!) risulta tutt’altro che agevole e molto faticoso.

Ciononostante, propongo qui l’approccio proprio lungo questo itinerario, in quanto sicuramente il più breve e logico a partire dal fondovalle. Nulla vieta, ovviamente, di scegliere l’accesso alternativo dal Bivacco Varrone attraverso il Passo del Souffi, comunque più lungo e non del tutto agevole.

L’itinerario prevede di raggiungere la Forcella della Bifida (2710 m), fra la Punta Plent e la Punta Bifida (2750 m ca.), da Nord e quindi di rimontare la ripida cresta Est della Punta Plent: questo itinerario sembra ricalcare, almeno in larga parte, quello dei primi salitori della montagna (V. de Cessole con le guide J. Plent e A. Ghigo il 21/09/1902) lungo la parete Nord-Ovest. Anche A. Frisoni, G. Gambaro e M. Rey il 20/09/1920, provenienti in traversata dalla Forcella Plent, effettuarono la discesa dalla Forcella della Bifida seguendo presumibilmente lo stesso percorso.

 

PUNTO DI PARTENZA

Da Mondovì (uscita della A6 Torino-Savona) si raggiungono Cuneo e Borgo San Dalmazzo, e si risale la Valle Gesso.  

Oltre Valdieri, si lascia a sinistra la diramazione per Entracque e si continua dritti, raggiungendo la piccola borgata di Sant’anna di Valdieri. Proseguendo lungo il fondovalle, si superano ancora i Tetti Gaina ed i Tetti Niot, e si raggiungono le Terme di Valdieri ( 1368 m , 62 km da Mondovì). 

Superato il ponte sul Gesso, si trascura il grande parcheggio sulla sinistra e si prosegue per la stradina asfaltata che contorna a sinistra lo stabilimento termale: ad un bivio si va a sinistra, in salita (indicazioni), risalendo con alcuni tornanti nel bosco la parte bassa del Vallone della Valletta. Si prosegue poi lungamente sulla destra idrografica del vallone per la stretta stradina, che taglia alcuni impressionanti canaloni: poco prima di raggiungere la radura dove sorge il Gias delle Mosche, si parcheggia presso uno slargo sulla sinistra, in corrispondenza di un vecchio tornante della rotabile poi abbandonato (1570 m circa, 3 km dalle Terme di Valdieri, parcheggio per 4-5 auto).   

 

AVVICINAMENTO

Abbandonando la rotabile che prosegue a mezza costa verso il vicino Gias delle Mosche, si rimonta direttamente il pendio a monte della strada: in questa prima parte è conveniente rimanere nel bosco in quanto, complice anche la quota relativamente bassa, sul terreno scoperto la fitta vegetazione arbustiva risulta assai fastidiosa. Tagliata due volte la traccia della vecchia strada abbandonata, si continua dunque fra vecchi larici secolari, con salita molto ripida ma tutto sommato abbastanza agevole grazie al sottobosco piuttosto rado. Saliti per circa un centinaio di metri, il bosco termina e conviene quindi traversare verso sinistra (con qualche difficoltà, causa il terreno ripido ed i fitti cespugli che rendono la marcia molto fastidiosa), per tagliare alcuni scoli d’acqua secondari e portarsi in prossimità del rio principale che incide il selvaggio Vallone del Souffi. Con belle vedute, alle nostre spalle, sulle Rocche di San Giovanni e sul massiccio Monte Matto, si sale per un tratto mantenendosi sulla destra (sinistra idrografica) del rio, spesso quasi asciutto a stagione inoltrata, sfruttando in qualche occasione il letto sassoso per evitare tratti resi troppo disagevoli dalla vegetazione. Più in alto è conveniente attraversare il letto del rio e portarsi sulla sinistra (destra idrografica) del vallone, dove un pendio erboso con radi alberi (larici e cembri) consente di guadagnare quota più agevolmente rispetto al fitto cespugliame della sponda opposta. Grazie anche al terreno più gradinato (zolle erbose), si sale più comodamente fino alla base di una breve strozzatura del valloncello, dove ci si riporta verso al centro del solco e, rimontando per erba e piccole lingue di pietrame un breve dosso, si giunge su un poggio al limite degli ultimi alberi, da dove si domina un piccolo ripiano caratterizzato da un grosso masso, a cui sono addossati resti di muri a secco indicanti il sito in cui sorgeva il Gias del Sap (2100 m ca., h 1,40 dalla partenza).

Senza scendere al gias, si prosegue per un ripido ma agevole pendio erboso con grandi massi (vaghe tracce), tendendo leggermente a destra e raggiungendo quindi la soglia glaciale del vallone (evidente antica morena frontale), da dove la pendenza diminuisce drasticamente. Il fondovalle è interamente occupato da una gigantesca pietraia pressoché pianeggiante, mentre sullo sfondo appare l’erto pendio erboso facente capo all’evidente Passo del Souffi. Mentre a sinistra ripidi pendii di erba e roccette salgono fino ai prati sommitali della Punta Stella (2567 m), a destra il vallone è dominato dalle verticali pareti della Catena delle Guide, incise da ripidi canaloni che fanno capo alle varie forcelle di cresta. Risalendo brevemente a destra (sinistra orografica), si individuano sui massi gli evidenti segnavia gialli della traccia di collegamento Bozano-Varrone. Seguendo dunque i segnavia (o mantenendosi anche un po’ più in basso, verso il centro del vallone), si attraversa pressoché in piano la grande distesa di massi: facilmente, di riconoscono fra le pietre i primi rottami del COMET SAR-7 da 78 posti di proprietà del Re Ibn Saud d’Arabia, proveniente da Ginevra e diretto a Nizza, che alle 3.23 di notte del 20 marzo 1963 si schiantò poco sotto la vetta della Punta Bifida, causando la morte di tutti i 18 passeggeri a bordo. Raggiunta la base della bastionata rocciosa che sostiene il Passo del Souffi, si sale sempre seguendo gli abbondanti segni gialli verso sinistra, per un erto pendio di sassi e magra erba. Con faticosa marcia si guadagna la sommità del pendio: giunti ai piedi di un arrotondato mammellone roccioso, si abbandonano i segnavia (diretti all’ormai vicinissimo Passo del Souffi) per deviare decisamente a destra ed iniziare a traversare in leggera salita il ripido pendio alla testata del vallone, in direzione dell’evidente pilastro roccioso della Punta Plent (2480 m ca., h 1,00 da Gias del Sap, h 2,40 dalla partenza).

Con ampio semicerchio a poca distanza dal crinale che divide i valloni del Souffi e di Lourousa, si attraversa una piccola pietraia e ci si porta alla base di piccole placchette rocciose che sorreggono una evidente cengia erbosa. Scegliendo il percorso migliore fra le facili roccette (qualche passo di ), si raggiunge l’ampia cengia, che si percorre poi in leggera salita verso destra, in direzione di un evidente testone roccioso caratterizzato da ampie fasce di licheni giallastri. Superato un piccolo crinale roccioso, si procede su terreno più esposto, anche se sempre facile (attenzione!): per comode cornici erbose si traversa il ripidissimo ed esposto pendio, mirando all’evidente canalino a sinistra del testone giallastro. Giunti nei pressi del canalino, lo si può risalire direttamente (più difficile, passi di II°+ e uno di III°-), oppure si possono rimontare le roccette erbose a sinistra del solco, con percorso un po’ meno evidente ma certamente più facile (I°+ in questo secondo caso). Si raggiunge comunque il canalino nei suoi ultimi metri, guadagnando quindi la stretta forcella superiore, aperta fra il testone roccioso e la base della cresta rocciosa discendente dalla Punta Bifida (2580 m ca., h 0,30 da dove si abbandona la traccia segnalata, h 3,10 dalla partenza).

Qui si può considerare l’attacco del tratto più impegnativo.

 

DESCRIZIONE DELLA VIA

Dalla forcella si procede in salita diagonale per elementare pendio erboso, in direzione dell’evidente placconata, incisa da uno stretto canale nerastro, discendente dalla Forcella della Bifida, facilmente individuabile subito a sinistra del pilastro della Punta Plent. Con salita ripida, ma sempre abbastanza agevole grazie alle fasce erbose che salgono in diagonale verso destra, ci si porta alla base delle rocce che sostengono la forcella: da qui il percorso si fa nettamente più impegnativo. Seguendo alternativamente il canale principale o le rocce immediatamente alla sua sinistra, si guadagna quota lungo la bastionata, fra sempre più numerosi rottami di aereo (si trovano anche scarpe, indumenti e altre suppellettili). La salita non è quasi mai molto impegnativa (II° con passi di II°+), ma richiede comunque molta attenzione per via dell’esposizione e della ripidezza del pendio. Superato un breve salto all’interno del canale (passo di III°-), si giunge agli ultimi metri sotto la Forcella della Bifida (2710 m, h 0,45 dalla forcella di attacco), caratterizzata da un gigantesco masso incastrato che forma finestra.

Con breve salita sulle roccette di sinistra si giunge sopra il masso, da dove appare sul versante opposto la comba terminale del Vallone dell’Argentera, con l’edificio del Rifugio Bozano proprio sotto la verticale della forcella. Con uno scomodo passo in spaccata (attenzione, II°) si scavalca una fenditura e si aggira un grosso masso, portandosi al piede della ripida cresta Est della Punta Plent.

Mantenendosi sul lato Nord della cresta, si traversa in salita per esili ed esposte cornici (II°+, qualche passo di III°-): con un breve zig zag (percorso piuttosto evidente) si guadagna quota, andando ad imboccare una marcata rampa che, con attenzione (II°+ esposto), consente di raggiungere la base di un breve diedro verticale di circa 4 m. Risalito direttamente il diedro (III° esposto, passaggio chiave), si esce sulle facili rocce sommitali, a breve distanza dalla rustica croce di vetta (ricavata da rottami d’aereo) della Punta Plent (2747 m, h 0,15 dalla Forcella della Bifida, h 1,00 dalla forcella di attacco, h 4,10 dalla partenza). Bellissimo panorama sul vicinissimo Corno Stella, sulla gigantesca parete Ovest della Serra dell’Argentera, sulla catena che dalla Cima dell’Oriol va all’Asta Soprana e al Dragonet fino al gruppo del Matto. Verso Nord-Ovest si individua la zona della Valrossa e del Malinvern, mentre a Ovest, oltre le Rocche di San Giovanni, svettano le cime di Bresses e di Fremamorta. Oltre la comba terminale del Vallone dell’Argentera, la severa cresta della Madre di Dio domina la scena.

 

Discesa: si segue in discesa per breve tratto la cresta Est, fino ad un ancoraggio per doppia (spit e cordino). Con una calata di 15 m (o, ancor meglio, di 20) si tocca la base del versante Nord, all’inizio delle cornici percorse in salita. Di qui si può ritornare alla Forcella della Bifida per il percorso dell’andata (ma il passo in spaccata sopra il masso incastrato non è banale!), oppure si può scendere direttamente (con attenzione, con passi di II°-) fino ad intercettare il canale una decina di metri sotto la forcella (in questo caso, il passo più impegnativo è proprio quello che consente di scendere sul fondo del canale, II°+ in discesa). Seguendo quindi a ritroso il percorso dell’andata (con grande attenzione nella prima parte), si ritorna alla forcella di attacco (h 1,00 dalla vetta).  

Di qui, con percorso ormai facile, si ridiscende il Vallone del Souffi (percorso assai faticoso per via del terreno ripido e scomodo nella parte bassa del vallone) fino al parcheggio (h 2,15 dalla forcella di attacco, h 3,15 complessivamente dalla vetta).

 

TEMPO TOTALE

h 7,30 circa (h 2,00 circa di arrampicata)

DISLIVELLO

1300 m circa (170 m circa di arrampicata)

DIFFICOLTA’

PD, II°/II°+ con passi esposti di III°- ed uno di III°, orientamento tutto sommato piuttosto semplice (anche se non ci sono indicazioni né ometti), roccia buona

MATERIALE UTILE

casco, corda da 30 m (minimo, meglio da 40 m), eventualmente nut e friends se si vuole procedere legati

ULTIMO SOPRALLUOGO

23 agosto 2022

PERIODO CONSIGLIATO

metà giugno – fine settembre

COMMENTI

Scalata lunga, in ambiente selvaggio e in assenza di sentiero per gran parte dell’itinerario. Solo nel medio Vallone del Souffi si incontrano per un tratto i segnavia gialli del percorso Bozano-Varrone, ma anche nel tratto in cui si seguono il cammino risulta scomodo e faticoso. Necessaria un po’ di abitudine a questo genere di terreno per scegliere il percorso migliore sulla placconata sotto la Forcella della Bifida. Esposto e più impegnativo l’ultimo breve tratto dalla forcella alla cima. La fatica sarà ampiamente ripagata dall’ambiente solitario e dalle vedute inusuali sulle cime circostanti.

Non sottovalutare l’impegno del ritorno, in quanto il Vallone del Souffi, in assenza di qualsiasi traccia, è molto faticoso anche in discesa!